La storia di Nicolae

NICOLAE BUCATARU – ISTRUTTORE

“Mi chiamo Nicolae Bucataru, ho 52 anni. Li compio tutti gli anni il 6 dicembre, non manco mai. Sono rumeno di nascita e vivo in Italia, a Napoli, da 25 anni: vi sono arrivato chiedendo asilo politico. Sono sposato con Stella, napoletana, con la quale ho due figlie: Sara di 24 anni e Alessandra di 18. Sono felice. Dal 2004 lavoro come insegnante di aikido a Napoli e a Gragnano, con classi di bambini, ragazzi e adulti”.

L’associazione Kids Kicking Cancer l’ho conosciuta per caso, leggendo un’inserzione sulla rivista “il Venerdì di Repubblica”. Cercavano cinture nere di arti marziali da inserire nel loro organico, come volontari Martial Arts Therapist (MAT) da mandare a operare negli ospedali oncologici per bambini. Perché ho risposto? Bella domanda! Forse è la KKC che ha trovato me, fatto sta che è stato uno di quegli incontri che ti cambiano la vita. Avevo bisogno di nuove emozioni, qualcosa che nelle arti marziali non si trova più; cercavo un modo per far capire alla gente che quello che faccio come professione è benefico; cercavo qualcuno che mi desse la possibilità di sperimentare quello che nell’aikido – l’arte marziale giapponese che si può praticare sia a mani nude, sia con le armi tradizionali, ovvero spada, bastone e pugnale – fa parte della didattica, cioè kokyu-ho, la respirazione diaframmatica o meditazione zen in movimento; cercavo la possibilità di far entrare l’arte marziale in ospedale come terapia di sostegno.
Non pensavo però che aiutando bambini malati di cancro avrei aiutato me stesso: da allora non mi posso più permettere di non essere felice e di non stare meravigliosamente bene.
La struttura dove opero è l’ospedale oncologico Pausilipon di Napoli, il lunedì, il mercoledì e il venerdì.
Con i miei colleghi volontari dell’Associazione operiamo molto nei reparti e nelle stanze dei bambini. Molto spesso vado nella stanza sterile o nella stanza trapianti; spesso lavoro pure con i genitori.
I bambini e i ragazzi che vengono per le cure per la prima volta in questo ospedale sono spaventati, tristi, hanno sguardi vuoti, chiusi.
Quelli che sono in terapia da più tempo sono rassegnati, apatici e non più bambini. La sofferenza li fa maturare più velocemente. I genitori sono disperati. Pescatori, muratori, pizzaioli, avvocati, giudici, ingegneri; italiani, rumeni, bulgari, ucraini, curdi, africani, tutti uguali, non c’è differenza in un luogo dove si è accomunati dalla sofferenza e dalla malattia.
Tutto si annulla: status sociale, nazionalità, colore… tutto diventa grigio. Al primo incontro troviamo spesso molti genitori che non credono all’efficacia della terapia che somministriamo noi MAT di Kids Kicking Cancer. Non sono in molti ad aver fiducia nelle terapie alternative, pochi sanno cos’è la meditazione o la respirazione diaframmatica. Per noi MAT, in questi casi, la difficoltà maggiore diventa allora quella di rompere il muro di protezione che il genitore costruisce intorno al figlio. Però ci sono anche genitori combattivi, pronti a provare tutto pur di salvare il proprio figlio; genitori che trasmettono gioia e speranza.
In qualsiasi caso, per me sono tutti grandi uomini e grandi donne. Ho avuto modo di sperimentare la terapia, di lavorare con molti bambini per più di una settimana e con alcuni per più mesi: alcuni non ci sono più, altri sono tornati a casa, vittoriosi, sani e più forti dentro e fuori.
Tra i miei piccoli eroi, c’è Alessio, che da molti giorni non muove braccio e gamba sinistra. Alla terza giornata di pratica con noi non c’è male, sta iniziando a tirare calci e pugni. Io gli ho detto: “Alessio, vuoi avere un braccio più forte di prima?”. Lui mi ha risposto: “Cosa devo fare?”. “Devi colpire questo colpitore immaginando la cosa che odi di più, che ti da più fastidio, dandogli un’immagine e incollarla sul colpitore. Poi colpisci con tutta l’energia che hai.” Ragazzi, non me lo sarei mai aspettato: Alessio ha fatto uno sforzo terribile, riuscendo a colpire per 10 volte il colpitore, che per lui è diventato Higuain. Dopo siamo scoppiati a ridere tutti e due ringraziando Higuain. Non tutti i mali vengono per nuocere! Ora Alessio odia più Higuain della malattia per cui combatte e basta dire “Higuain” che partono pugni, calci… Una forza!
Seguo anche Luigi, 11 anni. Con lui lavoro al Pausillipon in maniera più assidua. Suo papà è pescatore, la mamma casalinga. La prima volta era spaventatissimo, ma ha voluto comunque provare a praticare dal primo giorno. I risultati si vedono subito: il corpo ha sempre un tono muscolare buono, riposa bene, la mente brilla, ha una immaginazione spumeggiante, è ironico e insieme ci prendiamo gioco della malattia. A volte ho dei dubbi su chi aiuta chi. Nei giorni in cui sono io che ho bisogno di aiuto, lui, con il gesto di sistemarsi i capelli che non ha più, mi fa sorridere l’anima.